Il settore della moda e la vendita online sono legati strettamente fra di loro e i principali brand fashion non possono permettersi di far finta che non sia così. Il punto fondamentale da considerare, però, è come vendono online, quali mezzi utilizzano per diffondere il marchio e i prodotti e i risultati che hanno. Ad effettuare questa analisi ci ha pensato James Carson, pubblicando un report completo “Fashion Ecommerce and Content Marketing” su Econsultancy. Il report è a pagamento, ma ha comunque deciso di estrapolare quattro fattori salienti emersi durante le sue ricerche e che possono rappresentare un ottimo punto di partenza per cominciare a sviluppare un progetto web efficace per il settore moda.
1. Le foto sono fondamentali per una buona esperienza utente
Acquistare un abito senza vederlo è impossibile, acquistare un abito senza vederlo bene, nei suoi dettagli e possibilmente indossato da qualcuno è molto difficile. Ecco perché le foto sono fondamentali per l’esperienza di un utente che si appresta ad acquistare online. La tendenza di oggi è pubblicare foto di grande formato, a colori, inserite in un contesto in bianco e nero. La maggior parte dei siti che vendono abbigliamento si orientano in questo modo.
L’utilizzo di fotografie curate e di grande formato è uno degli elementi fondamentali per la buona riuscita di un ecommerce di moda, secondo i dati raccolti dall’autore nel corso delle sue ricerche.
2. Video di prodotto poco comuni
L’utilizzo dei video per presentare i prodotti è poco diffuso, appena 7 su 20, seppure sia opinione comune che il video sia spesso determinante per la decisione di acquisto. È senz’altro il mezzo che offre il più ampio spettro di informazioni riguardo a un capo di abbigliamento. È anche vero che produrre video è molto costoso per l’azienda e creare una piattaforma che sia in grado di gestire la visualizzazione corretta dei video da tutti i device, senza appesantire il sito richiedere lunghe fasi di progettazione e sviluppo.
Nell’immagine vediamo una scheda prodotto Asos, che include anche il video dell’abito. Dalla versione mobile del sito non è possibile visualizzare il video, mentre dall’applicazione è disponibile anche la visualizzazione della sfilata.
3. Più contenuti, ma non editoriali
Alcuni dei siti web analizzati si sono spostati verso un layout in stile magazine, per lasciare spazio ai contenuti. L’aumento della parte contenutistica era stato pronosticato a inizio anno, quando ben il 74% dei responsabili marketing aveva parlato di un aumento nell’investimento nel content marketing. Così è stato, infatti 18 siti su 20 si sono spostati in questa direzione. Il problema sono però le modalità di utilizzo.
I contenuti individuati sono per lo più promozionali, per prodotti e contest, alcuni blog sono stati sfruttati per un migliore posizionamento del marchio, ma la maggior parte di essi sembra non avere una chiara strategia dietro e soprattutto sembra non avere un piano editoriale adeguato.
Tra le problematiche riscontrate in fase di analisi:
- Contenuti difficili da trovare nel sito: spesso i contenuti erano impossibili da trovare se non effettuando una ricerca molto specifica sul motore di ricerca (es. [marchio] blog).
- Pubblicazione poco frequente: nella maggioranza dei casi meno di un post al giorno.
- Mancanza di contenuti esplicativi: sui siti analizzati ci sono pochissimi esempi di contenuti in cui viene spiegato qualcosa e quando sono presenti, sono difficili da individuare. Un esempio di ottima gestione di questa sezione è dato dal blog di The Idle Man.
- Titoli inutili: la maggior parte dei titoli utilizzati per gli articoli non forniscono informazioni utili per capire qual è la tematica trattata, spesso decontestualizzati e senz’altro poco utili dal punto di vista del posizionamento sui motori.
Queste problematiche ci portano a una sola osservazione, per i brand non sono ancora chiari i concetti di publisher e di content marketing. Pubblicare contenuti significa creare una base per la fidelizzazione dell’utente, che potrebbe diventare cliente. Contenuti inutili, promozionali, poco chiari…non hanno questo effetto e di conseguenza sono risorse sprecate che potrebbero essere sfruttate in maniera più efficace.
4. Esplosione dei social media
Sui social alcuni marchi hanno veramente un grosso seguito. La piattaforma più usata è Facebook, seguita da Twitter e YouTube. La tendenza, però, è di affidarsi anche ad altri canali come Google+, Pinterest e Tumblr.
La sorpresa più grande è stato Instagram, che in alcuni casi ha più successo di Twitter e, dopo le modifiche ai news feed di Facebook, anche di Facebook. Il problema, però, è che Instagram non porta traffico diretto al sito web e per questa ragione viene visto in maniera un po’ confusa dai brand.
Anche se i social hanno successo, questo non significa che la loro gestione on presenti delle problematiche. Prima fra tutti la frequenza, sono rari i casi in cui viene pubblicato più di un tweet al giorno e più di 4/5 post su Facebook.
La conclusione è che i brand fashion hanno ancora molta strada da fare nel settore editoriale, devono comprendere come e perché utilizzare i contenuti sia un benefici e soprattutto devono affidarsi a professionisti dell’editoria per creare qualità, oltre che quantità fine a se stessa.
Fonte: econsultancy